Ignoto scultore genovese "Statua bifronte con Madonna e Bambino e sant’Antonio e Bambino"

Statua bifronte con Madonna e Bambino e sant’Antonio e Bambino

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Ignoto scultore genovese, seconda metà del XVII secolo

Tecnica e misure:

Marmo scolpito, 123 x 86 x 79 cm

Collocazione:

Scalone Museo dei Cappuccini, Chiesa SS. Annunziata di Portoria (n. inv. SC0015)

Provenienza:

Villa Duchessa di Galliera, Voltri, Genova

Tipologia:

Scultura


La scultura è un manufatto unico nel panorama ligure, un marmo scolpito su ambo i lati raffigurante Sant’Antonio da Padova con Gesù e la Vergine con il Bambino. L’opera, recentemente musealizzata, è entrata a far parte delle collezioni del museo mantenendo una tradizionale attribuzione all’ambito di Pierre Puget.

In precedenza la scultura era collocata su uno degli ingressi laterali della Villa Duchessa di Galliera a Voltri, in comunicazione con la vicina chiesa cappuccina di San Francesco. La posizione in uno spazio esterno ha esposto il marmo all’azione degli agenti atmosferici, depauperandone la superficie lapidea e compromettendo la corretta lettura del modellato della scultura, che acquisisce così un valore involontariamente espressivo, caratterizzando nervosamente il ductus del lavoro dello scultore.

L’ascrizione dell’opera ad ambito pugetiano, da rigettare, rileva come l’autore debba essere cercato in un artista attivo nella Genova della seconda metà del XVII secolo, dove a partire dal settimo e ottavo decennio, metabolizzata la lezione di Puget, accanto alle botteghe delle maestranze lombarde, opererà il genovese Filippo Parodi e una generazione di artisti che aveva puntualizzato la sua formazione a Roma. L’ignoto scultore si trova a dover restituire due immagini distinte in un blocco di marmo, cucendo insieme le porzioni laterali con una certa abilità, dove i profili del Santo e di Maria si fondono in un unico volto dai tratti somatici androgini. Le immagini insistono su una tradizione iconografica consolidata nella pittura genovese secentesca: Valerio Castello aveva proposto nelle sue tele i dialoghi fatti di gesti e sguardi, carichi di un trasporto affettivo, come nella madre con il bimbo nella pala della Chiesa di Santa Zita, o nella tenera carezza di Gesù al san Giovannino della tela di Nantes. Un atteggiarsi intimo che si ritrova nella Madonna Carrega di Puget, dove il Bimbo richiama con la mano paffuta l’attenzione della genitrice assorta, anche se nel marmo in oggetto l’artista si sofferma a descrivere l’intensità emotiva dell’incontro, giocato sullo scambio di sguardi che intercorre tra i protagonisti. Sant’Antonio, in posizione stante, stringe a sé il Bambino arretrando con un leggero movimento la gamba destra, sul lato opposto la figura si anima pacatamente attraverso l’espediente di un vento che schiaccia sulle gambe della Vergine il mantello, come nelle opere di Puget e di Parodi.

L’evidente assimilazione dei modelli pugetiani e parodiani fa proporre per l’opera una datazione all’ultimo decennio del Seicento, quando il tema sacro svuotato di accenti patetici per un tono più lieve e sommesso, acquista una progressiva stilizzazione delle forme e dei tratti distintivi, come il taglio degli occhi che si fa più affilato, puntualmente riscontrati nella scultura bifronte del museo cappuccino.