Orazio De Ferrari "La Vergine Immacolata e i santi Antonio di Padova e Francesco"

Orazio De Ferrari "La Vergine Immacolata e i santi Antonio di Padova e Francesco"

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Orazio De Ferrari (Voltri, 1606-1657)

Tecnica e misure:

Olio su tela, 300 x 176 cm

Collocazione:

Scalone Museo dei Cappuccini, SS. Annunziata di Portoria (n. inv. SC0003)

Provenienza:

Chiesa di Pontedecimo

Tipologia:

Dipinto

 

Il percorso di Orazio De Ferrari è scandito, a partire dai primi anni Quaranta del secolo XVII, da una fitta sequenza di pale d’altare destinate alle chiese dei Cappuccini. Apre la serie il dipinto, firmato e datato 1643, che oggi è conservato nella chiesa dei Santi Nazario e Celso di Arenzano e che propone alla devozione dei fedeli la mite figura dello spagnolo Felice da Cantalice; seguono poi le due tele di Pontedecimo, fra le quali si annovera quella qui presentata (restaurata nel 2009 da Aurelia Costa e Francesca Ventre con fondi statali) e le due pale d’altare inviate in Sardegna per le fondazioni cappuccine di Villasor e di Quartu Sant’Elena. Agli anni della piena maturità appartiene poi uno dei vertici dell’intera produzione di Orazio, e cioè la Comunione della Maddalena, oggi conservata a Sanremo, opera realizzata per Porto Maurizio. Della tela inviata a Pontremoli - appartenente allora alla Provincia di Genova - resta purtroppo solo un frammento della parte superiore. Va inoltre ricordato che nel testamento del pittore, rogato il 14 settembre 1657 mentre il maestro stava per soccombere alla pestilenza, si dispone la restituzione ai Cappuccini di una somma, probabilmente un acconto ricevuto per un’opera destinata a non vedere la luce.

Come si è detto, la tela restaurata proviene dall’altare maggiore della chiesa di Pontedecimo e per alcuni decenni, prima del ricovero a Portoria, è stata dotata di apparato meccanico per utilizzarla nella pia pratica delle “scoperture”; nel corso del restauro la complessa intelaiatura lignea e la fascia perimetrale metallica applicate in quell'occasione sono state rimosse - ma non distrutte - perché la loro permanenza non era più giustificabile. In questa occasione si è potuto verificare che il formato della pala era stato ridotto e che la fascia metallica celava circa 4 cm di tela dipinta su ciascuno dei lati lunghi. La rimozione delle ridipinture, peraltro non molto estese, ha consentito alla rossa veste della Vergine, impreziosita dalle lacche, di riacquistare il brillante tono originale; la pulitura ha reso inoltre nuovamente leggibile il raffinato contrappunto dei grigi di madreperla che caratterizzano le toppe della veste di San Francesco ed anche il dilagare dei raggi dell’aurora consurgens sull’immaginario paesaggio della zona inferiore, costellato di riferimenti - fra gli altri la ianua, la turris, la fons - agli appellativi mariani.

Per quanto riguarda la datazione, si ritiene appropriata una collocazione del dipinto a ridosso del 1650, alcuni anni dopo la conclusione dei lavori di costruzione del complesso conventuale, conclusione che l’anonimo compilatore delle Notizie del Convento di Pontexmo cavate dall’Archivio del medesimo Convento (Genova, Archivio Provinciale dei Cappuccini, ms, post 1815) colloca nel 1645.