Gandolfino da Roreto "Madonna annunciata"

Gandolfino da Roreto, Madonna annunciata

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Gandolfino da Roreto

Tecnica e misure:

Tecnica mista (recto) e tempera (verso) su tavola, 109 x 82 cm

Collocazione:

SS. Annunziata di Portoria (n. inv. SC0073)

Provenienza:

Chiesa di San Bernardino, Genova

Tipologia:

Dipinto

 

Questa preziosa testimonianza figurativa, decurtata in corrispondenza di tutti e quattro i lati, venne contemporaneamente sottoposta all’attenzione della critica nel 1980 da parte di Maurizia Migliorini e Anna De Floriani. Quest’ultima studiosa, pubblicando gli esiti dell’importante intervento di restauro che contribuì al ripristino della piena leggibilità dell’immagine, raggiunta mediante la rimozione di fuorvianti grossolane ridipinture, ne suggerì, anche in considerazione dell’impiego della quercia quale essenza, un ipotetico accostamento al pennello di un anonimo pittore formatosi in ambito francese e attivo nei decenni immediatamente successivi alla metà del Quattrocento “a conoscenza dei fenomeni prodottisi soprattutto nella Francia meridionale”, come poi ribadito anche da Laura Martini. Una valida indicazione che, correggendo la contemporanea proposta della Migliorini di un avvicinamento agli esiti della “scuola di Norimberga della seconda metà del XV secolo”, non escludeva comunque la possibilità di riconoscere l’autore in una maestranza ligure, “più difficilmente un italiano di un’altra regione, salvo, forse, un piemontese”. Sulla base delle fondamentali notizie orali tramandate da Padre Cassiano da Langasco, all’incirca nel quinto decennio del novecento la tavola si trovava presso la chiesa genovese dedicata a San Bernardino, per poi essere trasferita negli anni 1956-1957 nel convento della SS. Annunziata di Portoria, dove è tuttora conservata. Sempre secondo quanto tramandato dall’erudito cappuccino, non può essere esclusa la possibilità che il dipinto debba annoverarsi fra i manufatti raccolti tra la fine dell’Ottocento e l’alba del secolo successivo da Padre Pietro da Voltaggio nella chiesa di Santa Caterina di Genova e provenienti da complessi religiosi dell’ordine francescano chiusi al culto a seguito delle soppressioni del 1866.

Appartenente con probabilità a una più complessa macchina d’altare all’interno della quale doveva dialogare con un analogo riquadro raffigurante l’Angelo annunciante andato disperso, la tavola è stata oggetto in tempi recenti di un’attenta disamina critica. Da tali studi è scaturita la sicura appartenenza dell’opera al catalogo di Gandolfino da Roreto, con particolare riferimento alla produzione della fine dell’ultimo decennio del XV secolo, in stretto rapporto con il polittico, firmato “gandulfinus pinxit” e datato 1493, raffigurante l’Assunzione, santi e l’Incoronazione della Vergine (Torino, Galleria Sabauda) proveniente dalla chiesa di San Francesco ad Alba. Fu Giovanni Romano a riconoscere nella composizione un esempio della raffinata arte del maestro piemontese, proposta che ha trovato ampio respiro e fondamentali conferme negli studi di Simone Baiocco, per il quale la composizione potrebbe addirittura anticipare dal punto di vista cronologico la giovanile ancona pervenuta al museo piemontese per “una più diretta connessione con quella cultura “mediterranea” che è la matrice in grado di spiegare particolari come il drappo che fa da sfondo alla scena, oppure il nimbo della Vergine, rilevato a pastiglia come più consueto nella pittura del versante iberico”. Componenti a cui possono essere sommate per certi aspetti le fragili eleganze di sapore ancora primo quattrocentesco percepibili nella costruzione dell’andamento delle pieghe della veste sottolineate da preziose pennellate ricche di materia lucente, in seguito non così evidenti nel linguaggio figurativo di Gandolfino. Pur considerando l’attuale assenza di notizie certe riguardanti la possibile collocazione antica dell’insieme a cui appartenne questo elemento, forse davvero concepito come “portello apribile” vista la presenza sul retro della rappresentazione dei simboli della Passione ascrivibili senza dubbi alla stessa mano, potrebbe comunque non risultare del tutto errato pensare come proposta di lavoro quantomeno a una provenienza da un convento appartenente allo stesso ordine ubicato nel territorio del Basso Piemonte e in particolare nell’area alessandrina, ambito dove gli esiti dell’artista astigiano trovarono ampi consensi inserendosi tra l’altro all’interno di una fitta rete di intrecci culturali che sin dalla seconda metà del trecento unirono questa zona alle vicende artistiche genovesi. Una realtà quest’ultima non ignota allo stesso Gandolfino, e che anzi contribuì verosimilmente con preponderanza alla creazione della sua raffinata e ricca sigla stilistica. Un legame documentato non in modo superficiale proprio dalla Vergine annunciata del convento dell’Annunziata di Portoria anche attraverso rimandi all’arte di Ludovico Brea, contatti che potrebbero essere scaturiti da una frequentazione da parte del giovane Gandolfino dello stesso ambiente genovese o da un suo soggiorno “in altra parte della regione ligure”; realtà dove, dopo un primo discepolato a contatto con il padre Giovanni, anch’egli pittore, Gandolfino potrebbe aver mosso da solo i primi passi.